
Con la firma oggi di un accordo da tutti definito ‘storico’, Macedonia e Grecia hanno posto fine dopo 27 anni alla disputa sul nome del Paese ex jugoslavo, che si chiamera’ d’ora in avanti ‘Repubblica di Macedonia del nord’.
L’intesa – che dovrà essere ratificata dai rispettivi parlamenti, e in Macedonia anche da un referendum popolare in autunno oltre che con emendamenti alla costituzione – se da una parte elimina il blocco di Atene al cammino di Skopje verso Ue e Nato, dall’altra è tuttavia avversata duramente dalle opposizioni conservatrici e nazionaliste in entrambi i Paesi, dove quotidianamente si registrano manifestazioni di protesta, segnate spesso da incidenti e scontri con la polizia.
Oggi sul versante greco del confine, a Pisoderi, ci sono stati 14 feriti. L’accusa, analoga e speculare, è di aver fatto troppe concessioni all’altra parte. Lo stesso presidente macedone, il conservatore Gjorgje Ivanov, ha detto più volte che non intende firmare la relativa legge di ratifica del parlamento, sostenendo che l’accordo sul nome è anticostituzionale e dannoso per il Paese.
In particolare i contrari in Grecia contestano la concessione del nome “Macedonia” in quanto, da più di 3mila anni, è una regione della Grecia, che ha dato i natali ad Alessandro Magno e alla sua dinastia, così come sostenuto da duecento tra i più insigni storici mondiali guidati dal celebre archeologo Stephen Miller (Università della California) che cinque anni fa hanno anche rivolto un appello pubblico all’allora presidente americano Barack Obama per impedire il clamoroso falso storico.
Ad ogni modo la cerimonia ufficiale di firma del documento sul nome e su un partenariato strategico fra Skopje e Atene, si è svolta stamane a Psaridis, sul versante greco del lago di Prespa, al confine fra i due Paesi.
Un luogo simbolico e che per i macedoni ha anche un significato storico perché legato all’inizio della lotta partigiana di liberazione dal nazifascismo durante la seconda guerra mondiale.